Ehi oh, ehi oh, a casa a recensir
Il series finale è già qui
E un po’ ci farà soffrir.
Ho deliberatamente voluto iniziare quest’ultima recensione così, con un piccolo omaggio al classico fiabesco per eccellenza che è stato il vero filo rosso di tutte le storie che si sono intrecciate, accavallate e sovrapposte in questi sette lunghi anni di Once Upon a Time.
Nonostante abbia massacrato questa settima stagione senza pietà alcuna, l’occhio lucido sta venendo anche a me mentre scrivo questa recensione perché, per quanto voglia fare la sostenuta, sono una nostalgica del cacchio e so già per certo che tutti gli abitanti di Storybrooke mi mancheranno un casino.
Tranne quella piagnona di Cenerentola. Lei non mi mancherà proprio per niente.
Nel bene, nel male e nella lagna, Once Upon a Time ci ha regalato meravigliose serate all’insegna dell’avventura, ci ha fatto tornare bambini, con la felicità negli occhi, con l’amore nel cuore e la speranza di riuscire anche noi a raggiungere il nostro meritato lieto fine.
Riuscire a organizzare correttamente gli eventi di questa settima stagione si rivela complicato, al pari dell’arrovellamento di cervello che abbiamo avuto nel tentare di ricostruire un senso logico a sette stagioni di Pretty Little Liars.
Da qualche episodio ci hanno chiarito che con Hyperion Heights siamo tornati indietro nel tempo, mandando i personaggi ad interagire con versioni di se stessi appartenenti al wish ream ma il mio cervello fa davvero fatica ad comprendere tutto ciò.
Accetto la realtà della rivelazione sulla fiducia, così come il ritorno di Snowhite, Charming Emma e the original Hook, i personaggi pilastro di Storybrooke, che hanno per lo più lo scopo di chiudere un cerchio che ha fatto il giro lungo prima di riannodarsi con il suo capo. Ma la loro presenza non fa altro che complicare ancora di più un’imbrogliata matassa di eventi già complicata di per sé piuttosto che andare a risolvere la situazione come deus ex machina.
Vi confesso che ho fatto fatica a tenere il passo con gli eventi, a capire dove ci trovassimo e più in generale a dare un’organizzazione sensata a quanto visto. Lo straniamento che ne deriva è quindi la logica conseguenza di una frettolosità nel concludere le vicende, visto e considerato che, come negli anni precedenti, non si avevano a disposizione due ore per concludere tutto meticolosamente.
La vera rivelazione dell’episodio è stata Rumpelstiltskin, nemesi spietata di un Gold che ancora non avevamo conosciuto ma che mi ha convinto moltissimo come villain. E ciò lo si deve non solo alle grandissime doti recitative di Robert Carlyle – hands down uno degli attori più talentuosi dell’intero cast – ma anche al fatto che il suo voler distruggere ogni finale felice e contento dal mondo delle fiabe è così crudele e spietato da renderlo terribilmente giusto nella sua malvagità, tanto da far impallidire tutta la tremenda vendetta architettata da quella stracciona finta hippie con i dread di Gothel.
Fantastico. Forse il miglior villain mai capitato in Once.
E proprio alla fine dovevano regalarcelo. #TacciVostri
Il vero vincitore è però Gold, il codardo che non ha più paura ottiene finalmente quel riscatto morale che tutti aspettavamo fin dall’inizio, sacrificando se stesso per salvare gli altri. E la ricompensa finale per un gesto così altruista e disinteressato non può che essere la reunion con la sua amata Belle. Verrebbe da gridare ad un happy ending a metà, di quelli che lasciano il sapore dolceamaro in bocca, ma dopotutto non ci può essere vero eroismo senza sacrificio.
Onestamente non potevamo chiedere di meglio per tale personaggio: la pace e il vero amore.
…and they lived happily ever after
All of them.
L’unica che sembra ottenere un happy ending amaro è Regina, altro personaggio che ha tenuto in piedi questa settima stagione e grazie alla quale non ho deciso di schettinare pietosamente la nave che imbarcava acqua già dopo quindici minuti di season premiere.
Dopo il naufragio della sua love story con Facilier e all’impossibilità di far tornare Robin per una reunion che ci avrebbe fatto battere i cuori, l’incoronazione a Regina di tutti i reami da parte dei Charming è la sua seconda chance tanto desiderata, il coronamento – scusate il gioco di parole – di un cammino di redenzione iniziato già da qualche stagione a questa parte. Anche stavolta ci sta bene così: Regina ha la stoffa per governare e onestamente non avremmo voluto vedere nessun altro sedere su quel trono.
Un series finale giusto, anche se quello della 6×22 andava benissimo lo stesso. Ci hanno allungato il brodo, riscaldato una minestra già mangiata e digerita, condita spesso con lagne e piagnucolamenti, ma per i veterani abbiamo resistito impavidi fino a questo punto.
E se siete arrivati a leggere fino a qui, a leggere questo sconclusionato e delirante farneticare, siete i miei personali eroi.